Type de texte | source |
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Titre | Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568 |
Auteurs | Vasari, Giorgio |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1550:1568 |
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Date d'édition moderne ou de réédition | 1966:1987 |
Editeur moderne | Bettarini, Rosanna; Barocchi, Paola |
Date de reprint |
(t. IV), p . 23-24
Lionardo, arrecatosi un giorno tra le mani questa rotella[[5:di legno di fico.]], vedendola torta, mal lavorata e goffa, la dirizzò col fuoco ; e datala a un tornitore, di rozza e goffa che ella era, la fece ridurre delicata e pari ; ed appresso ingessata ed acconciatala a modo suo, cominciò a pensare quello che vi si potesse dipingere su, che avesse a spaventare chi le venisse contra, rappresentando lo effetto stesso che la testa già di Medusa. Portò dunque Lionardo per questo effetto ad una sua stanza, dove non entrava se non egli solo, lucertole, ramarri, grilli, serpe, farfalle, locuste, nottole ed altre strane spezie di simili animali, dalla moltitudine de’ quali variamente adattata insieme cavò un animalaccio molto orribile e spaventoso, il quale avvelenava con l’alito e faceva l’aria di fuoco ; e quello fece uscire d’una pietra scura e spezzata, buffando veleno dalla gola aperta, fuoco dagli occhi, e fumo dal naso sì stranamente, che pareva mostruosa ed orribile cosa affatto : e penò tanto a farla, che in quella stanza era il morbo degli animali morti troppo crudele, ma non sentito da Lionardo per il grande amore che portava all’arte. [...] Andato dunque ser Pietro una mattina alla stanza per la rotella e picchiato alla porta, Lionardo gli aperse dicendo che aspettasse un poco ; e ritornatosi nella stanza, acconciò la rotella al lume in sul leggio, ed assettò la finestra che facesse lume abbacinato ; poi lo fece passar dentro a vederla. Ser Pietro nel primo aspetto, non pensando alla cosa, subitamente si scosse, non credendo che quella fosse rotella, né manco dipinto quel figurato che e’ vi vedeva ; e tornando col passo a dietro, Lionardo la tenne, dicendo : « Questa opera serve per quel che ella è fatta ; pigliatela dunque e portatela, ché questo è il fine che dell’opere s’aspetta. »
Dans :Cadavres et bêtes sauvages, ou le plaisir de la représentation(Lien)
, p. 218
Ma, secondo che scrive Plinio, questa arte venne in Egitto da Gige lidio, il quale, essendo al fuoco e l’ombra di se medesimo riguardando, subito con un carbone in mano contorno se stesso nel muro[[6: Confusion (reprise par Armenini) avec un autre passage de Pline (VII, 205), où Gygès est dit inventeur de la balle de tennis.]] ; e da quella età per un tempo le sole linee si costumo mettere in opera senza corpi di colore, si come afferma il medesimo Plinio ; la qual cosa da Filocle egizzio con più fatica e similmente da Cleante e Ardice corinzio e da Telefane sicionio fu ritrovata. Cleofante corinzio fu il primo appresso de’Greci che colori, e Apolodoro il primo che ritrovasse il pennello. Segui Polignoto tasio, Zeusi e Timagora caldidese, Pithio e Aglaufo tutti celebratissimi, e dopo questi il famosissimo Apelle, da Alessandro Magno tanto per quella virtù stimato e onorato, ingegnosissimo investigatore della calumnia e del favore ; come ci dimostra Luciano, e come sempre fur quasi tutti e’pittori e gli scultori eccellenti, dotati dal cielo il più delle volte, non solo dell’ornamento della poesia, come si legge in Pacuvio, ma della filosofia ancora, come si vide in Metrodoro, perito tanto in filosofia quanto in pittura, mandato da gli Ateniesi a Paulo Emilio per ornar il trionfo, che ne rimase a leggere filosofia a\' suoi figliuoli.
Dans :Les origines de la peinture(Lien)
, "Vita di Domenico Puligo", t. IV, p. 462-463
Ed io ho veduto alcune teste di una sua mano ritratte dal vivo, che ancor che abbiano verbigrazia il naso torto, un labro piccolo ed un grande, ed altre si fatte disformità, somiglian nondimeno il naturale, per aver egli ben preso l’aria di colui : laddove, per contrario, molti eccellenti maestri hanno fatto pitture e ritratti di tutta perfezione in quanto all’arte, ma non somigliano né poco né assai colui, per cui sono statti fatti. E per dire il vero, chi fa ritratti dee ingegnarsi, senza guardare a quello che si richiede in una perfetta figura, fare che somiglino colui, per cui si fanno ; ma quando somigliano e sono anco belli, allora si possono dire opere singolari, e gli artefici loro eccellenti.
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